
La vita è una sequenza di eventi, sistematicamente condizionati dal nostro pensiero e dalla visione che questo ci porta. Osservare la vita e le sensazioni che proviamo, sono la parte maggiore del tempo su cui noi ci soffermiamo o per lo meno di coloro che hanno a cuore la conoscenza e quindi la consapevolezza di tutto l’intorno. La luce contiene tutto, il buio contiene la luce, l’energia passa tra questi due estremi omologhi senza resistenze. Noi siamo in mezzo, a disturbare questo eterno passaggio e generiamo il disturbo, o meglio ne vediamo le conseguenze. I punti di vista, le impressioni, le opinioni, il giudizio sono come le cromie generate da un prisma colpito da un fascio di luce neutra. Come la luce si spezza nell’iridescenza dei sui colori dall’infrarosso all’ultra violetto, così la visione della nostra mente sulla vita che percorriamo, accentua o riduce, enfatizza o tralascia ed interpreta la verità. Il buio di chi non ha compreso il senso della vita si oppone alla luce di chi ha condiviso l’esperienza dell’illuminazione, in mezzo tutti gli altri con loro “tinte”, con i loro fardelli, problemi, nelle infinite sfumature che li diversificano. Ma la realtà è altra cosa, è che ogni uno di noi vive la stessa luce o lo stesso buio, ma fa difficoltà ad ammetterlo, perché l’ego ne acceca la sua comprensione, perché l’individualismo fa da scudo alle comuni paure della solitudine dell’essere. I punti di vista, gli abbagli delle illusioni, le non chiare sfumature delle incomprensioni, sono le cause del nostro malessere, della nostra incapacità a convivere e quindi a condividere il tempo, lo spazio che ci accomuna. Ogni giorno la nostra miopia ci frega, ogni giorno tutto ricomincia da capo, la continua ricerca delle soluzioni al nostro benessere, al nostro miglioramento si ripropongono quasi sempre da zero. Raramente si riesce a ripartire dal punto, dalla meta raggiunta. La nostra mente, il nostro carattere che ne è la crosta, ci frega o non si rassegna ad ammettere la verità vera e non percepita del nostro vivere. Ed è in questo momento che le angosce i pensieri ci bloccano. Ma solo la consapevolezza del fluire delle cose, della impermanenza, ci può permettere di gioire anche nel dolore. La visione multi spettrale di questa luce non deve ingannarci, non deve confonderci dal vero, dalla sola unica dualità dell’essere; luce e buio. I confini comuni della stessa essenza; bordi sottili che fanno la differenza, impercettibile ma presente, tra ciò che è la gioia e ciò che è il dolore. Vita.Due facce della stessa medaglia che è la vita, che noi dovremmo accettare per quella che è, e solo quindi, assaporarne le infinite sfumature, gli infiniti colori che offre. Più e meno, uomo e donna, vita e morte, la dualità dell’unico universo. Quando avevo dieci quindici anni o giù di lì, non ricordo bene, dibattevo inconsapevole con mio fratello di queste cose; non ne conoscevo la portata ed il peso influente che esse hanno, ma ne percepivo le forme non capendo come queste potessero sussistere. Immaginavo l’universo, l’infinito come due gradi sfere che si compenetrano simultaneamente, ma non è capivo l’origine, la funzione ed il senso. Ora ne comprendo il significato, ma con difficoltà riesco ad esserne parte a mantenerne la vicinanza, la compagnia e quindi il sollievo. Questo è l’unico esercizio possibile, la meditazione e la pratica. Comunicare questo è l’unico bisogno di cui sento la necessità, non so il perché ma ne ho bisogno. Un giorno, vorrei che i miei figli fossero cosi vicini a me da capirmi, così come un giorno vorrei poterli capire prima di sbagliare. Vedere la loro luce, bianca o nera che sia, e gioirne senza volerla distorcere nel giudizio.